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Capitanata, 600milioni per lo sviluppo ma fondi inutilizzati

di Maurizio Carmeno

Il contributo del Segretario Generale della CGIL di Capitanata al dibattito promosso a Manfredonia da Confindustria di Foggia

Il perdurare della grave crisi socio-economica che ha colpito il Paese non ha risparmiato il Mezzogiorno e la Capitanata. A tale crisi si aggiungono, nel nostro caso, problematiche locali ormai divenute strutturali che ne inibiscono le possibilità di sviluppo. Siamo ormai alla emergenza sociale: la disoccupazione è al 39,3% che sale al 51,4% per i giovani dai 14 ai 24 anni. Il reddito da pensione si ferma a 672,00 euro medi mensili, mentre quello da lavoro a 15.000,00 euro medi annui. Per effetto della crisi dal 2010 al 2015 si sono persi 15.000 posti di lavoro ed è aumentata considerevolmente l’economia sommersa. Nell’ultimo periodo si osserva una ripresa dell’economia a livello nazionale che tuttavia non ha raggiunto il Mezzogiorno e la Capitanata. Si tratta di una crescita congiunturale che ha bisogno di politiche mirate ed investimenti per diventare strutturale. Vi è quindi la necessità di agganciare questo trend positivo per creare condizioni per un rilancio dello sviluppo di Capitanata lungo le direttrici della sostenibilità ambientale della valorizzazione delle sue vocazioni produttive e della crescita occupazionale. Le risorse comunitarie del Patto per la Puglia e quelle che verranno messe a disposizione dal cosiddetto “decreto Sud” non risultano sufficienti a ridurre per intero quel gap sul piano infrastrutturale tra nord e sud del Paese. Non vi è infatti piena rispondenza degli interventi messi in campo rispetto alla complessità dei problemi economici e sociali del Mezzogiorno. In particolare le misure a sostegno dell’autoimprenditorialità e gli incentivi alle imprese contenute nel decreto ancorché utili non possono costituire una risposta esaustiva al dramma della disoccupazione dei giovani. Torna al centro il Mezzogiorno ma occorrono maggiori investimenti pubblici sull’infrastrutturazione orientata all’innovazione produttiva, sociale, ambientale e pubblica.

LE INFRASTRUTTURE. La provincia di Foggia pur avendo forti potenzialità sul piano economico e produttivo e dell’attrattività sul piano paesaggistico – ambientale e del patrimonio storico – culturale sconta la carenza di una diffusa e integrata rete di comunicazione che consenta una fluida circolazione di merci e passeggeri e che rende poco appetibile il territorio agli investimenti. Vanno, pertanto, affrontati alcuni nodi strutturali:

1)  la conformazione geografica del territorio che fa della Capitanata la seconda provincia d’Italia per estensione territoriale con una larga pianura e tre Comunità Montane;

2) la forte parcellizzazione della popolazione e degli insediamenti produttivi per l’80% costituiti da piccole Aziende a conduzione familiare ed artigianale.

Tutto ciò imporrebbe un articolato ed efficiente sistema di comunicazione e di infrastrutture. Invece, vaste aree della provincia, tra l’altro soggette a dissesto idrogeologico e rischio sismico come il Gargano e il SubAppennino, rimangono mal collegate. Inoltre, per collocazione geografica la provincia di Foggia, storicamente, ha assolto un ruolo di cerniera tra le direttici nord-sud ed est-ovest. Diventano, pertanto, fondamentali per il sistema di comunicazione meridionale, pugliese e foggiano la realizzazione del raddoppio dei binari sulla dorsale Adriatica tra Lesina e Termoli e il completamento della Bari-Foggia-Napoli sulla direttrice est-ovest.

LA STAZIONE DI FOGGIA. Per il raddoppio sulla dorsale Adriatica sembrano superati gli ostacoli frapposti dalla Regione Molise, mentre per la Bari – Napoli al contrario si vorrebbe evitare il passaggio dalla stazione di Foggia per i convogli passeggeri diretti a Roma. A tal proposito non ci convincono coloro che mirano ad escludere dal trasporto passeggeri la stazione di Foggia con il suo bacino di utenza sul suddetto itinerario, perché antieconomico come dimostra la sperimentazione effettuata da F.S. questa estate con treni diretti da Bari per Caserta – Roma (200 passeggeri), così come non ci convincono alcuni amministratori locali che vorrebbero realizzare una seconda stazione a Foggia in aperta campagna con disagio per i passeggeri e spreco di territorio. Bisogna lavorare a soluzioni che rilancino la stazione di Foggia, che mettano in sicurezza la linea ferroviaria e facciano funzionare il Terminal degli autobus appena realizzato in connessione con la Stazione centrale.

IL PORTO DI MANFREDONIA. Particolare attenzione va riposta alla prospettiva del porto di Manfredonia che dovrà trovare il giusto spazio e realizzazione nell’ambito di una necessaria razionalizzazione delle autorità portuali secondo una logica sistemica. Occorre in tal senso ripristinare lo scalo ferroviario Frattarolo e il collegamento su rotaia con il polo Incoronata, nelle vicinanze della zona Industriale di Foggia, del casello autostradale e della piattaforma logistica prevista nel Patto per la Puglia, così come va realizzato il treno tram per la parte finanziata dalla Regione. Occorre realizzare in maniera compiuta quell’articolato reticolo intermodale “ferro-gomma-mare” che può garantire il diritto alla mobilità dei cittadini ed una più facile circolazione delle merci, rendendo più appetibile il territorio agli investimenti.

Non dimentichiamo, infine, che il porto “Alti fondali” vanta la profondità maggiore nell’Adriatico con 18 metri circa, rendendosi adatto alla fruizione del traffico navale, mercantile e crocieristico di navi di una portata consistente di circa 25.000 tonnellate. Occorre inoltre utilizzare le aree industriali ex Enichem dove sono stati spesi 250 milioni di euro per le bonifiche. La rivitalizzazione del Porto di Manfredonia porterebbe un ulteriore impulso all’agro-alimentare e al turismo, così come può diventare velano per il rilancio della zona industriale di Manfredonia, oggi a rischio desertificazione. Importanti produzioni, inoltre, come quella lapidea, che rappresenta l’80% della pietra pugliese e il 20% di quella italiana, pur essendo esportata ad Oriente, viene imbarcata a Salerno e non a Manfredonia.

Particolare attenzione dovrà essere prestata infine, alla ulteriore espansione delle infrastrutture di telecomunicazione fisse e mobili. Mentre il Paese si accinge ad affrontare la 4° rivoluzione industriale, in Capitanata sono poche le aree servite dalla banda larga.

Le Organizzazioni Sindacali CGIL CISL UIL rappresentano tutta la propria preoccupazione per i ritardi con cui le Amministrazioni locali si stanno muovendo a fronte di ingenti risorse della Comunità Europea a loro disposizione:

  • 150 milioni per il dissesto idrogeologico;
  • 27,5 milioni per la prevenzione del rischio sismico (scuole);
  • 113 milioni per l’efficientamento energetico;
  • 111 milioni per la rigenerazione urbana;
  • 70 milioni per i siti inquinati;
  • 190 milioni per finanziare la sistemazione delle strade delle aree interne, per la piattaforma logistica di Incoronata e per il treno tram.

RISORSE NON UTILIZZATE. Solo il 4% delle risorse messe a disposizione dal piano rurale  sono state utilizzate per l’ammodernamento delle attrezzature e per l’imprenditoria giovanile. Sono pochissimi i progetti esecutivi che sono pervenuti alla Regione. Occorre un cambio di passo. Pensiamo a come potrebbe essere rilanciato il settore edile dal combinato delle opere di sistemazione del territorio e della rigenerazione urbana. Comprendiamo che i fruitori dei finanziamenti sono in prevalenza piccoli Comuni con le loro debolezza di mezzi e di competenze, ma occorre che con celerità si mettono assieme progettualità comuni per collaborare, condividere e superare le difficoltà. Non possiamo aprire vertenze per chiedere risorse e poi non utilizzarle.

Tale senso di responsabilità deve essere più forte soprattutto quando è in gioco la sicurezza e la vita dei cittadini, come quando si tratta di interventi antisimici su immobili pubblici, come le scuole e la sistemazione del territorio per il dissesto idrogeologico. Diventa difficile parlare di sviluppo e di viabilità quando non si interviene per mettere in sicurezza il territorio interno e costiero.

LA CABINA DI REGIA? NON CONVOCATA DA UN ANNO. Così come è inaudito che, dopo tanti sforzi per costituirla, si è arenata la Cabina di Regia presso la Provincia per la realizzazione delle infrastrutture strategiche. Non viene convocata da oltre un anno per comportamenti incomprensibili tra divisioni politiche, azioni di parte e rivendicazioni di leadership. Segnano il piano anche le buone pratiche; la stazione unica appaltante va potenziata di personale e strumenti e va promossa l ‘adesione di tutti i Comuni.

La legalità si persegue non solo nel contrasto alla criminalità, ma anche rispettando diritti, contratti e retribuzioni e riconoscendo una premialità alle imprese virtuose. E’ prioritario contrastare lo sfruttamento in una Provincia in cui imperversa ancora la piaga del caporalato.

ZONA ECONOMICA SPECIALE. Infine, occorre valutare quale ruolo può svolgere la Capitanata nella Z.E.S. (zona economica speciale) che viene istituita su proposta della Regione. Si tratta di interventi che riguardano le Regioni svantaggiate. Nella zona si possono individuare 1 – 2 porti. Di questi almeno 1 deve essere legato alla rete trans europea dei trasporti. Sono previsti credito d’imposta, ristoro per investimenti e acquisto di beni strumentali fino a 50 milioni di euro per le imprese.

Occorre però un maggiore coinvolgimento delle forze sociali con funzione consultiva e di monitoraggio (purtroppo non prevista nel decreto) affinché si realizzi uno sviluppo funzionale. Si tratta di interventi che riguardano le Regioni svantaggiate. Nella zona si possono individuare 1 – 2 porti. Di questi almeno 1 deve essere legato alla rete trans europea dei trasporti. Sono previsti credito d’imposta, ristoro per investimenti e acquisto di beni strumentali fino a 50 milioni di euro per le imprese.

Occorre però un maggiore coinvolgimento delle forze sociali con funzione consultiva e di monitoraggio (purtroppo non prevista nel decreto) affinché si realizzi uno sviluppo funzionale.

Vanno create cioè le condizioni infrastrutturali e di mercato per cui gli investimenti siano orientati ad uno sviluppo di lungo periodo, che sopravviva alla scadenza degli incentivi.

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