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“L’orsarese” Renato Curcio torna a casa: a Orsara, seminario sulle istituzioni totali

ORSARA DI PUGLIA (Fg) – Il suo nome è fatalmente legato a un pezzo della storia d’Italia, quello scritto dalle Brigate Rosse. Renato Curcio è da tempo un uomo libero. Ha scontato 25 anni di reclusione, con 12 anni di carcere duro. Oggi, a 77 anni, è un editore, si occupa di temi e analisi sociali, lavora per la cooperativa che lui stesso ha fondato e che si chiama “Sensibili alle foglie”. Il carcere, l’ergastolo, le “istituzioni totali” che hanno in pugno la vita di donne e uomini sono i temi che gli sono più cari. Di quelli parlerà anche sabato 15 dicembre, a Orsara, dove su invito della ISSUP, la Scuola Internazionale di Studi per la Pace Universale di Orsara, terrà dalle 17.30 un seminario nella Sala Polivalente del Centro Anziani con una “Analisi sociale sulle condizioni di vita in alcune istituzioni italiane”, approfondendo con dati e riflessioni la situazione vissuta all’interno delle carceri, gli orfanotrofi, le cliniche per gli anziani. Renato Curcio ha fondato la cooperativa editoriale e sociale “Sensibili alle foglie”, che si occupa di tematiche legate alla disabilità, all’immigrazione, con studi sulle nuove forme di controllo sociale e sulle “istituzioni totali” come le carceri.

IL LEGAME CON ORSARA. Il paese natale di Jolanda Curcio, madre di Renato Curcio, è Orsara di Puglia. Nel paese del Foggiano, sulle colline daune poste al confine con l’Irpinia, ci sono ancora diverse persone con legami di parentela con la famiglia del fondatore di “Sensibili alle foglie”. A Renato Curcio sarà consegnata una pergamena che ricorda il sacrificio di Armando Curcio, giovane partigiano morto durante la seconda guerra mondiale, zio di Renato. Armando Curcio, nato a Orsara, militò nelle fila della “Divisione Garibaldi” e morì a 21 anni. Morì sul Montoso, a Bagnolo Piemonte, lottando per la libertà.

IL LABORATORIO E LA RICERCA. “Sensibili alle foglie”, cooperativa di produzione e lavoro, è anzitutto un modo di porre e di porsi domande sui vissuti delle esperienze estreme, sui dispositivi totalizzanti che sono all’opera nei gruppi, nelle associazioni e nelle istituzioni, sulle risposte di adattamento e sulle risorse creative delle persone che le attraversano. Le condizioni nelle carceri, la situazione dei bambini negli orfanotrofi, il disagio e l’adattamento delle persone con disturbi psichici alle strutture di cura sono questioni poste ai margini del dibattito pubblico, ma riguardano migliaia di donne e di uomini, di bambini e famiglie. L’arte, il lavoro all’interno delle istituzioni totali, la formazione e il teatro sono strumenti che permettono percorsi di reinserimento utili a combattere il malessere delle persone, a restituirle alla vita. Di questo si occupano decine di associazioni e cooperative sociali. Un impegno che genera speranza, restituisce fiducia e autostima alle persone, sostiene gli sforzi delle famiglie che riaccolgono i propri cari.

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