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Coronavirus, il medico di una struttura in Capitanata: “Tanti, troppi i colleghi ricoverati”

LO SFOGO ACCORATO di un medico, una delle persone che, in questi giorni resi drammatici dall’emergenza coronavirus, si trova esposta a un rischio enorme. La riflessione che pubblichiamo è stata scritta da un medico che lavora in provincia di Foggia, una delle aree pugliesi più colpite dal contagio.

Continuo a temere che il risicato impiego dei tamponi e la povertà di DPI (dispositivi di protezione individuale) al personale sanitario rappresentino una importante causa di mantenimento di malattia, oltre che di depauperamento di soldati. Un po’ come un cane che si morde la coda.

Nonostante numerosi proclami, anche nella nostra regione, sembra che il personale sanitario venga sottoposto a tampone sostanzialmente solo in presenza di polmonite conclamata; così il personale ospedaliero pauci-asintomatico continua ad allontanarsi per isolamento o malattia e, ancor più pericolosamente, a rientrare in servizio senza aver mai fatto un tampone. Lavoriamo braccio a braccio, in incognito.

Vi confido che tutti i colleghi ricoverati per polmonite +, che riescono a parlare, mi ripetono la stessa cosa, lo fanno con molta fatica e poca voce: non fidarti, non fidarti, stai lontano. Mi mettono in guardia dagli infetti pauci-asintomatici! Mi fido dei colleghi, anche se … “già lo sapevo” … che negli ospedali i piccoli diavoli (che poi non hanno neanche la dignità di cellula!) si accasano nel personale, nella gran parte dei casi in malvagio silenzio, trasformandolo in inconsapevole diffusore di malattia.

Nondimeno, anche a causa della carenza di preesistenti percorsi, oltre che dei tristemente famosi DPI, scopro di appartenere anche alla categoria che conta la maggior quota di morti e feriti.

Fortunatamente le Istituzioni spiegano che è sufficiente rispettare il distanziamento sociale.
Bene, ma ad ogni buon conto, cari colleghi non vi angosciate … giacché, dopo la recettività ospedaliera, provvederanno a moltiplicare anche quella cimiteriale, con posti rigorosamente riservati al personale sanitario, eroe martire.


Un medico ospedaliero che non intende molto di epidemiologia, o altro, e che spera di essere in errore.

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