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La farina di grilli si, la semola 100% italiana no: a Foggia manifesto funebre per il grano italiano

L'esasperazione dei cerealicoltori per il crollo delle quotazioni del grano duro

FOGGIA – Meno 25 euro a tonnellata nell’ultima riunione della commissione, meno 20 nella seduta del 25 gennaio. Da giugno 2022, la quotazione del grano duro alla Borsa Merci di Foggia ha subito un vero e proprio crollo: il biologico, allora, si attestava a 575 euro alla tonnellata; il fino toccava quota 562 euro; nella seduta di mercoledì 1 febbraio, il valore massimo del grano duro biologico è stato fissato a 445 euro, quello del “fino” a 440. Tanto che i cerealicoltori foggiani, esasperati, sui social hanno diffuso il manifesto funebre: “E’ mancato all’affetto dei suoi cari il Grano Duro Italiano: ne danno il triste annuncio grano duro canadese, grano duro australiano, grano duro statunitense, il kazako e i parenti tutti”. La stessa situazione si è verificata alla Borsa Merci di Bari, dove martedì le quotazioni del grano duro hanno registrato un “meno 17 euro” alla tonnellata.

“L’esasperazione rischia di diventare prima rassegnazione, poi abbandono di una coltura che è stata la storia e la ricchezza dell’agricoltura foggiana”, ha dichiarato Angelo Miano, presidente di CIA Agricoltori Italiani di Capitanata. “La Facoltà di Agraria dell’Università di Bari, di recente, ha calcolato in 1.370 euro il costo complessivo sostenuto da un cerealicoltore pugliese per seminare, coltivare, curare e raccogliere il grano prodotto da un ettaro di terra. I costi di produzione sono triplicati, con queste quotazioni coltivare grano non è remunerativo, e nel frattempo si continua a importare grano estero la cui semola viene quotata indifferentemente dalla provenienza e, quindi, senza le garanzie di qualità e salubrità della filiera autenticamente italiana”, ha aggiunto Miano. “A rischio, però, è l’intera filiera del grano duro”, ha aggiunto Nicola Cantatore, direttore di CIA Capitanata. “Per questo, assieme alle altre organizzazioni, abbiamo chiesto che la catena del valore riconosciuto ai produttori sia sostenuta anche con una innovazione importante, in questi tempi assurdi fatti di farina di grilli, vale a dire l’inserimento della semola prodotta con grano duro esclusivamente italiano nel Listino della Borsa Merci di Foggia. Una richiesta motivata dalla necessità di sostenere il valore qualitativo di tale prodotto e dell’intera filiera”.

FILIERA 100% ITALIANA. L’intento di CIA Capitanata e delle altre organizzazioni che hanno sottoscritto la richiesta si muove, coerentemente, sulla stessa direttrice tracciata dalla necessità di sostenere concretamente la “sovranità alimentare” del Paese e del sistema-Italia.

La semola italiana, prodotta da grani italiani, ha un valore e una qualità specifici maggiori e differenti rispetto alla semola realizzata con un mix di grani di varia origine e provenienza.

Occorre valorizzare l’intera filiera 100% italiana del grano duro, garantendo un equo riconoscimento a produttori e trasformatori e assicurando la qualità e salubrità di grano, semola e pasta italiana ai consumatori. Per la produzione, in Italia, i cerealicoltori devono attenersi a un preciso e severo disciplinare che garantisce la migliore qualità e la massima salubrità del grano duro italiano. I diversi produttori esteri attivi sul mercato internazionale non hanno il medesimo disciplinare e le stesse regole vigenti in Italia.

IL RUOLO GUIDA DI FOGGIA. La richiesta che arriva dalle maggiori organizzazioni della Capitanata potrebbe fungere da apripista per l’intero Paese. E questo mette in evidenza il ruolo strategico di Foggia quale ‘granaio d’Italia’. Negli ultimi anni, complessivamente la Puglia ha prodotto mediamente 9,5 milioni di quintali di grano duro, vale a dire il 30% della produzione nazionale. Foggia è importante anche per il ruolo della Camera di Commercio di Foggia, punto di riferimento nei contratti di filiera.

 

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